domenica 3 marzo 2013

83. 12 luglio 1996 - PATTI SMITH


Villa Arconati
Bollate (Milano)
Prezzo: 35000 Lire
Posizione: 1° fila
Sold-Out: No
Pubblico: 1000 pc




C'è una tipologia di concerti, un genere molto preciso, che è in assoluto il peggiore di tutti: quello dei live per cui daresti via l'anima per poter vederli una volta nella vita e che (con ogni probabilità) sai che non vedrai mai. Ci sarebbe anche quello dei concerti che aspetti da una vita, di artisti che adori, e che ti deludono a morte: ma a me non è mai capitato (non 'a morte' almeno) e quindi per il sottoscritto la categoria peggiore rimane la prima.

Archiviata la pratica Pat Benatar, dove però ci ho messo tanto del mio, andando negli USA, in questa black-list (la mia personale) da alcuni anni vincono indisturbati i Tears For Fears, che fanno tour solo in Brasile e nelle Filippine, tanto per rendere le cose più facili e comodamente accessibili.

Tornando all'oggetto del post, Patti Smith faceva parte di quella manciata di artisti che non avrei mai pensato di vedere dal vivo neanche nei miei sogni.
Questo perché erano anni che la sacerdotessa del rock non calcava un palco (nulla di serio dal 1979) e non incideva uno straccio di canzone nuova. Almeno non da quello che sapevo io, che da anni mi nutrivo solo dei suoi classici anni '70.
Era una pratica più che archiviata. Sepolta.

Poi, un bel dì, io e G. scoprimmo con gioia, stupore e commozione che c'era una data, alle porte di Milano, in cui la nostra avrebbe cantato dal vivo e che, tra l'altro, stava per uscire un nuovo album.
Tutto faceva prevedere ad entrambi un evento magico. Ma non avevamo idea a cosa avremmo avuto la fortuna e il privilegio di assistere.

L'ho già detto nei post precedenti: in epoca pre-internet l'acquisto dei biglietti, soprattutto se numerati, era una questione sì per professionisti, ma nel calcolo delle probabilità di avere un buon posto che non fosse a chilometri dal palco, c'erano variabili sensibili quali: dove andavi a comprarlo (le poltrone venivano suddivise tra le prevendite), che rapporti avevi col venditore e, ovviamente, la velocità e la precisione con cui ci si presentava coi contanti al momento dell'uscita dei biglietti.
Qualcosa non funzionò a quel giro, non so quale ingranaggio si inceppò, ma i nostri due posti numerati erano tutt'altro che invidiabili: diciamo nell'ultimo terzo. Non le ultime file, ma non molto lontano da queste...
Chi è stato al Festival di Bollate sa che si tratta di una location che non manca di fascino: i concerti si svolgono in un grazioso giardino e dietro al palco si staglia, a poche decine di metri, il castello illuminato. Le tre volte che ho avuto occasione di andarci la platea ha sempre avuto la stessa forma e dimensione: un rettangolone più lungo che largo. L'area posteriore era sempre leggermente rialzata rispetto a quella anteriore e quindi una buona visione era garantita anche se non si era a pochi metri. Ma le distanze erano comunque notevoli ...

Seduti ai nostri posti, ci guardavamo silenziosamente insoddisfatti delle decine di file fitte di umanità che ci separavano da lei.
Cominciai con le perlustrazioni. Un classico quando la posizione acquisita non mi soddisfa: mi aggiro lentamente, senza una particolare meta, e rifletto. Osservo e rifletto. Una tecnica che mi ha dato alcune grandi soddisfazioni, di cui una clamorosa in un concerto parigino nell'estate 2004...

Poco prima che tutto avesse inizio notai qualche timida mossa di alcuni giovani spettatori con l'obiettivo di sedersi nell'ampio spazio che divideva la prima fila dalle transenne. Prendemmo i posti appena in tempo: il trend esaurì lo spazio disponibile in pochi secondi.
Con l'ansia che venisse la security per ricacciarci ai nostri posti attendevamo l'inizio del concerto con una certa ansia.

Le luci si spensero senza problema alcuno, e da quel punto in poi fu pura magia.

Da sempre cito questo concerto come uno dei più live più belli ed emozionanti a cui io abbia la fortuna di assistere.

Tutti si alzarono in piedi immediatamente, noi ci aggrappammo saldamente alle transenne, trascinati dall'energia esplosiva della cantautrice e dal ritmo reggae di Redondo Beach, che aprì il concerto.
Tra classici che non potevano non commuovere e far urlare di gioia i tanti fan che la aspettavano da quasi due decenni, posso dire di essere soppravvissuto a tre possibili infarti potenzialmente mortali:
1. Ghost dance. Non ci potevo credere. Non avrei mai immaginato l'avrebbe cantata: fu come essere catapultato negli anni '70, un momento di una intensità che fatico a raccontare.
2. When doves cry. Non so se mi spiego: Prince, interpretato da Patti Smith.

...E poi sul palco salì lui, camicia hawaiana e cappello cowboy in testa: Michael Stipe.
Non so se gli altri lo sapessero, di sicuro non lo sapevo io. Strabuzzai gli occhi incredulo, chiedendo conferma a G. che non fossi impazzito e che il chitarrista (???) dall'altra parte rispetto a dove ci trovavamo noi, fosse davvero il leader dei R.E.M.
Era indiscutibilmente lui.
Ci misi poco a prendere la mia decisione: cominciai a fendere la folla senza troppi complimenti, per raggiungerlo all'altra estremità del palco, e ci riuscii.
Urlai il suo nome non so quante volte per rubargli anche solo uno sguardo, che però non arrivò mai.
Ma pazienza: ero felice.

Felice di avere avuto la fortuna di essere lì, in quel momento, felice che tutto fosse andato per il verso giusto, senza alcun intoppo anzi, molto meglio di quanto preventivato. E poi l'emozione rara e l'energia che fluiva naturalmente da Patti Smith, dalla sua voce, dalle sue movenze.

Tutto si chiuse con i classici che tutti volevano cantare a squarciagola: People Have The Power, Gloria e ovviamente, Because The Night.
Non fu però necessario aspettare la fine del concerto per sapere con assoluta certezza di aver assistito ad un momento irripetibile.

E se proprio devo fare la classifica lo metto tra i 5 concerti più importanti della mia vita. Fine.


Visto con: G.
Scaletta: Redondo Beach / Wicked Messenger / Smoke On the Water / Free Money / Ghost Dance / Beneath the Southern Cross / Wing / Dancing Barefoot / Summer Cannibals / Hands of Faith (Lenny) / When Doves Cry-Ain’t it Strange / About a Boy / Wild Leaves / People Have the Power / Gone Again / Because the Night / Land-Gloria / Farewell Reel

sabato 2 marzo 2013

82. 28 giugno 1996 - FESTIVAL SONORIA

Parco Acquatica (MI)
Con: Saturnino / Ustmamò / Dave Mattews B. / Babylon Zoo / Casinò R. / Neneh Cherry (1h15')
Prezzo: 25000 Lire
Posizione: 1° fila
Sold-Out: No
Pubblico: ?



Non ricordo molto di questa lunga giornata di concerti. 
Certo è che a riguardare oggi la scaletta non stupisce che dopo un paio di edizioni il festival Sonoria abbia chiuso i battenti ... un ricordo indelebile è che durante SpaceMan (qualcuno se la ricorda?) c'era un caldo insopportabile e il buon Babylon Zoo, ignorato da tutti sino a qualche secondo prima, con la sua mise tipo bramino indiano, raccolse l'attenzione e i cori di tutti i (a dire il vero, molto pochi) presenti.
Se non doveste ricordarvela, o se volete riascoltare una hit anni '90, ve la ripropongo:


babylon zoo - spaceman di kareem93 


Io ero lì, in prima fila, per Neneh. Ovvio.
Lei era divertita e leggermente scazzata. Noi esaltati.
Gli altri? 
Saturnino: mah, che dire... non pervenuto.
Ustmamò: immagino di essermi divertito, come potrebbe altrimenti? Peccato non ricordi nulla.
Dave Mattews Band: idoli in patria, (quasi) sconosciuti dalle nostre parti. Concerto coinvolgente.
Babyloon Zoo: già detto.
Casinò Royale: io riflétto.
Neneh Cherry: amore senza se e senza ma.

Ho detto tutto. Nulla a che vedere con l'edizione dell'anno successivo. Andiamo oltre...



Visto con: Gabri

Translate